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Giornata Internazionale della Memoria 2019

Nell’ultimo anno abbiamo assistito a una preoccupante ripresa del pensiero che nutrì il fascismo e sfociò nelle leggi razziali e nell’olocausto. “Ci rubano il lavoro”, “portano criminalità”, “portano malattie” sono frasi che istigano all’odio e a cui ci siamo tristemente abituati, come siamo abituati ai bollettini delle traversate in mare. Ingiustizie e tragedie a furia di essere ripetute e risentite hanno quasi perso il loro significato, non riuscendo più a scalfire la coscienza di molti. Ma non è solo questa assuefazione il nostro problema. A causa di una politica becera, ignorante e populista, oggi gli italiani si sentono sempre più minacciati dal “diverso”. La comunità LGBT+ è direttamente coinvolta in tutto questo e ne sente il pericolo: come i migranti, anche noi lottiamo ancora in Italia per avere piena cittadinanza, tra diritti negati o concessi a metà, ridicolizzati da una parte della stampa e insultati da alcuni politici.  Non appena l’avversione per le minoranze si riaccende, vediamo rimesso in discussione quello che abbiamo conquistato nel campo dei diritti civili. Eppure siamo parte integrante del tessuto sociale, così come lo sono gli stranieri. Pensiamo ai giovani: le classi di scuola sono composte anche dai figli di albanesi e rumeni arrivati negli anni novanta, di cui ignoriamo l’origine straniera finché non leggiamo i loro cognomi “esotici” sui registri; molti studenti sono ragazzi e ragazze omosessuali o bisessuali, che crediamo essere etero finché non avranno il coraggio di fare coming out. La nostra società è ricca di diversità più di quanto possiamo notare a un primo sguardo, e stiamo rinunciando all’opportunità di valorizzarle. Preferiamo mortificarle per sentire protetta la nostra identità, nella pia illusione che essa possa essere o sia mai stata immutabile, stabile o addirittura superiore alle altre. Un’idea che la politica invece incoraggia per i suoi scopi, andando incontro a braccia aperte a una nuova fase di razzismo istituzionalizzato. Per questo, oggi più che mai abbiamo bisogno della lezione che la Storia ci può dare. Ricordare gli errori / orrori del passato aiuta a interpretare il presente e spinge a correre ai ripari prima che le ingiustizie e le violenze si replichino per gli stessi motivi. Se non hanno già cominciato a farlo.

Ilaria Giani
Presidente Arcigay Cremona “La Rocca”

NEGATA REGISTRAZIONE PER DUE COPPIE DI MAMME: ARCIGAY RISPONDE AL SINDACO DI CREMONA

Nelle scorse settimane sono arrivate al sindaco di Cremona Gianluca Galimberti due richieste, da parte di altrettante coppie di donne, di registrare la doppia genitorialità per i figli che nasceranno nei prossimi mesi grazie alla fecondazione eterologa.

Il sindaco ha negato il riconoscimento e ha consegnato alle due coppie una lettera che ha poi pubblicato sul suo sito. L’abbiamo letta con attenzione, insieme agli articoli e alle dichiarazioni uscite sui quotidiani nei giorni scorsi.

Siamo molto delusi dal diniego e dalla posizione del sindaco. Lo sforzo argomentativo con cui Galimberti giustifica la sua posizione ci consente quanto meno – in questa lettera aperta – di rispondere punto per punto alle motivazioni che adduce per spiegare la sua scelta:

In assenza di una legislazione nazionale l’eventuale decisione di registrare non è legalmente possibile”

Non è così: la legge 40/2004 impone di riconoscere in Italia i figli nati con tecniche di fecondazione assistita (anche fatta all’estero) come “figli della coppia che ha prestato il consenso” a tale pratica, manifestando la consapevole volontà di assumere la responsabilità genitoriale. Per la legge italiana, dunque, il genitore che abbia voluto mettere al mondo un bambino con tale pratica non può cambiare idea e lo status del bambino è dunque irrevocabile. Non si tratta quindi di un diritto a divenire genitore, ma di un dovere a cui corrisponde il diritto del neonato a vedere riconosciuto lo status di figlio, per sempre, indipendentemente dagli eventi e dall’eventuale separazione della coppia di genitori.
Dal momento che la
legge Cirinnà (76/2016) riconosce le famiglie formate da persone dello stesso sesso al pari di quelle formate da sesso opposto, ciò che vale per queste ultime, vale anche per le altre. Dunque anche in assenza di una normativa esplicita, va da sé, giuridicamente parlando, che i figli nati da coppie omosessuali tramite Pma (procreazione medicalmente assistita) sono figli di entrambi i componenti della coppia, esattamente come succede per le coppie eterosessuali.

“… tali sentimenti si confrontano sempre con i limiti del nostro essere umano, dettati spesso dalle condizioni oggettive, anche fisiologiche. Questi limiti non sempre e per forza devono essere superati”.

Qualsiasi persona al giorno d’oggi supera quotidianamente dei limiti biologici e fisiologici: ad esempio usando l’automobile, comunicando col telefono, ricorrendo a cure mediche e protesi o, appunto, usufruendo delle tecniche di fecondazione assistita per poter avere dei figli. E questo è accettato senza nessuna difficoltà. Se l’essere umano in generale giova ogni giorno dei progressi di scienza, medicina e tecnologia, pensiamo che sia sintomo di un pregiudizio ancora fortemente radicato negare questa possibilità solo alle persone omosessuali.

“… mi chiedo che cosa significhi usare del corpo di un uomo per fecondare una delle due donne della coppia. Anche se anonimo, un padre esiste e penso sia corretto considerarlo. Su questo tema, delicato e complesso, che vale anche per le coppie eterosessuali, sono aperto al confronto e lo auspico, ma nutro dubbi e perplessità.” 

Crediamo che i metodi con cui le coppie danno la vita non siano di competenza del sindaco. Galimberti sta dimenticando che questi bambini esistono, indipendentemente dalle sue idee riguardo a come sono stati messi al mondo, e sta anteponendo al loro diritto di essere tutelati il proprio pensiero personale. Pensiero personale che, per quanto ammetta di estendere anche a coppie etero, applica solo nel caso delle coppie omosessuali, mettendo in atto di fatto un trattamento discriminatorio, dato che la genitorialità delle coppie eterosessuali che ricorrono alle pratiche di fecondazione assistita viene regolarmente registrata dal Comune di Cremona.

…la differenza di genere nell’azione di crescita dei figli è un valore che occorre promuovere? La mia esperienza, anche di educatore, mi ha portato alla personale convinzione che la presenza di un padre e di una madre è un valore importante nell’azione educativa” 

Il tema che solleva il sindaco è già stato ampiamente sviscerato anche in ambito accademico. Sono decine gli studi che negli ultimi quarant’anni hanno dimostrano che non vi è nei figli cresciuti in famiglie omogenitoriali nessuna incidenza particolare di disturbi sullo sviluppo psicosessuale o di altri aspetti della personalità. Al contrario, è noto che l’eventuale disagio sociale arriva dallo stigma che questi bambini e ragazzi subiscono a causa dei pregiudizi della società nei confronti delle loro famiglie.

Ci sono inoltre moltissime famiglie che non soddisfano il requisito di fornire figure maschili o femminili nel nucleo famigliare stretto (coppie separate, oppure padri o madri single o che hanno perso il compagno), non per questo viene loro negato o revocato il riconoscimento della genitorialità.

Certo sono consapevole che il figlio che lei porta in grembo è e deve essere al centro dell’attenzione; non verranno sicuramente meno per lui i diritti che tutelano lui come ogni bambino della città, che è poi figlio dell’intera comunità.”

Purtroppo anche in questo caso dobbiamo contraddire il sindaco: non è così. Se quel bambino non vedrà riconosciuto il suo legame con entrambi i genitori ciò potrebbe avere gravi ripercussioni: il genitore non riconosciuto non avrebbe infatti nessun obbligo e potrebbe venire meno in qualsiasi momento ai suoi doveri nei confronti del figlio o della figlia. Nel caso invece venisse a mancare il genitore riconosciuto, l’altro, nonostante il legame affettivo con il figlio, sarebbe legalmente uno sconosciuto e non potrebbe continuare a prendersi cura del bambino.

A questo si aggiunge che questa situazione di disuguaglianza crea preoccupazione e malessere in queste famiglie, che il bambino o la bambina “respirerà” e introietterà sentendosi inevitabilmente, nel confronto con i pari e con la società in generale, un figlio di serie B.

Non vorremmo che fosse il caso dei due bambini che verranno al mondo nella provincia di Cremona nelle prossime settimane. Anche loro, come gli altri, nascono dal desiderio e progetto di due persone. Non riconoscere giuridicamente e socialmente nel nucleo famigliare una di queste due persone lede un diritto e ferisce quello stesso nucleo. Non si può pensare che questo non abbia ripercussioni sulla serenità dei bambini di queste famiglie.

Certo, avremmo preferito avere uno scambio di idee di persona, dato che il sindaco Galimberti aveva da alcune settimane fissato con Arcigay Cremona un incontro per discutere proprio di questi temi. Ci dispiace che il suo diniego sia maturato prima del confronto con noi, ma speriamo che questo non precluda un cambiamento di posizione da parte sua, una volta vagliate e discusse con lucidità tutte le argomentazioni.

Ilaria Giani
Presidente Arcigay Cremona “La Rocca”

Riconoscimento di 2 mamme a Crema. La risposta di Emy

Oggi, 9 agosto, è stata pubblicata sul quotidiano “La Provincia” anche la risposta di Emy, la mamma per la quale la sindaca Stefania Bonaldi ha firmato la dichiarazione di riconoscimento lo scorso 2 agosto.
Anche in questo caso, teniamo a pubblicare il testo completo della lettera. Una lettera appassionata e grintosa, come solo UNA MAMMA SA ESSERE!

Gent.le Direttore, vorrei rispondere alla polemica del sig. Antonioli.

Sig. Antonioli, normalmente non mi curo delle opinioni sprezzanti delle persone che non ci conoscono, ma una cosa mi disturba assai nel suo giudizio: il fatto che lei sia capace di augurare a mio figlio “un avvenire affettivamente e sessualmente assai problematico”. Lei si sbaglia! Non solo perché fior fiore di ricerche dimostrano il contrario, ma anche perché se avesse l’opportunità di conoscere Rocco si ricrederebbe. Dovrebbe vergognarsi delle sue affermazioni, frutto di una ideologia cieca e zeppa di odio! Nostro figlio avrà un avvenire splendido perché è un bambino desiderato, amato e accudito nel migliore dei modi, tanto da noi quanto dalle nostre famiglie e dalla folta rete sociale illuminata che ci circonda.

Si rassegni Sig. Antonioli! Rocco ha DUE MAMME! Io sono a tutti gli effetti sua madre tanto quanto lo è la mia compagna che lo ha dato alla luce all’interno di un PROGETTO di coppia saldo e stabile; un percorso durato anni, caratterizzato da attente riflessioni e valutazioni. E lo ero anche prima dell’atto della Sindaca Stefania Bonaldi che, pubblicamente, voglio ringraziare per l’intelligenza, la determinazione e il coraggio dimostrato nello schierarsi al nostro fianco assicurando così a Rocco un futuro ancor più sereno e al riparo da individui esecrabili come lei.

Emiliana Zigatti

Qui il link all’articolo precedente:
http://www.arcigaycremona.it/riconoscimento-di-2-mamme-a-crema-la-polemica-su-la-provincia/

Riconoscimento di 2 mamme a Crema. “LA POLEMICA” su La Provincia.

Lo scorso 6 agosto è apparsa sul quotidiano “La Provincia” la lettera del sig. Guido Antonioli di Pandino, il quale commentava la dichiarazione di riconoscimento di due mamme da parte della sindaca Stefania Bonaldi di Crema.
Guido Antonioli sostiene nella sua lettera al giornale che il figlio della coppia di donne (come tutti quelli nati da coppie omogenitoriali) sia “eugeneticamente selezionato, fabbricato e mercificato” e che il bambino avrà un avvenire “affettivamente e sessualmente assai problematico”. Il sig Antonioli dipinge per i lettori un quadretto grottesco e offensivo della famiglia di cui parla, descrivendola così: “una mamma naturale, un padre sconosciuto e l’amante femmina di sua madre”.
La nostra risposta è no: quella famiglia è composta da un bambino e dalle sue due mamme. Punto. Le affermazioni di Antonioli mettono in luce quanto alcune persone abbiano ancora, purtroppo, le idee molto confuse su cosa significhi davvero essere genitore!

Ilaria Giani, presidente di Arcigay Cremona, ha risposto a quella “polemica” con una lettera apparsa stamattina su “La Provincia”.  Il quotidiano ne ha pubblicato una versione ridotta, qui invece trovate il testo per intero (le parti tagliate sono qui riportate in grassetto):

Gentile direttore, scrivo in risposta alla lettera di Guido Antonioli riguardo il riconoscimento della genitorialità di due persone dello stesso sesso.
Antonioli, facendo riferimento alle due mamme accolte a Crema dalla sindaca Bonaldi, dice che non si tratta di “due madri, ma di una madre e un padre sconosciuto”.
Credo che prima di affrontare il discorso dovremmo accordarci sul significato da dare ai termini. In particolare: cosa significa “padre” e “madre”?
Cosa fa di un genitore, un genitore: la somiglianza fisica e il patrimonio genetico? O l’amore e la cura nei confronti di quel bambino o quella bambina?
Ecco, io credo che la risposta giusta sia la seconda. È dimostrato che avere dei genitori eterosessuali non è garanzia di benessere per il bambino. Fior di studi sono giunti alla conclusione che nei figli di coppie omosessuali non c’è un’incidenza di disturbi maggiore che per i figli di coppie eterosessuali, né di presunti sviluppi “affettivamente e sessualmente” problematici.
Il dibattito su questo tema però è ancora caldo. Per molte persone un bambino ha il cosiddetto “diritto ad avere un padre e una madre”. Negare la genitorialità a una persona per questo motivo è però sbagliato e ingiusto nei confronti di tutte le parti coinvolte. Un po’ come se, in virtù del diritto di un bambino di avere genitori sani, i genitori con qualche patologia o disabilità non fossero riconosciuti tali.
Davvero queste caratteristiche o condizioni, che non c’entrano nulla con l’amore e la cura, possono far sì che sia disconosciuto quello che una persona fa per il proprio bambino o bambina?
Ammesso e non concesso quindi che per i bambini la famiglia omogenitoriale comporti uno svantaggio di qualche tipo (e, come è dimostrato dagli studi, non lo è intrinsecamente, ma caso mai lo diventa per gli ostacoli e i pregiudizi con cui la società “accoglie” le loro famiglie), non sarebbe comunque un buon motivo per infierire e punire quei bambini, negando loro il riconoscimento dei loro genitori.
In questo modo davvero li si priva di un diritto.
Negando il riconoscimento del secondo genitore, si fa un torto prima di tutto al bambino: qualora mancasse il genitore riconosciuto, l’altro sarebbe legalmente uno sconosciuto e non potrebbe continuare a prendersi cura del figlio, il quale perderebbe così entrambe le figure genitoriali, ovvero entrambe le persone che sono per lui un riferimento, che lo amano e si sono sempre prese cura di lui. Che lo hanno desiderato e messo al mondo.
Sì, perché questi bambini non esisterebbero se non ci fosse stato un progetto comune tra due persone. Un progetto di vita e di famiglia che arriva ben prima e vale forse di più dell’incontro dei gameti che fa il resto.
Vogliamo quindi ridurre la genitorialità al risultato di un atto sessuale (per il quale – siamo d’accordo – servono due cellule sessuali: una maschile e una femminile) o vogliamo pensare che sia una condizione che nasce da una volontà e da un progetto di vita consapevole (per il quale servono due persone motivate a crescere un altro essere umano)?
Lascio queste riflessioni ai lettori, sperando di averli stimolati a non liquidare frettolosamente la questione e ad andare oltre ad alcuni luoghi comuni.
Per chi volesse approfondire, Arcigay Cremona è a disposizione per fornire una bibliografia e i riferimenti agli studi scientifici riguardo a questo tema. È possibile contattarci all’indirizzo cremona@arcigay.it

Ilaria Giani

• Qui l’articolo sulla dichiarazione di riconoscimento, apparso il 2 agosto sul quotidiano online welfarenetwork: https://www.welfarenetwork.it/crema-coppia-di-mamme-il-comune-dice-si-20180802/

• Qui la lettera di Guido Antonioli pubblicata il 6 agosto su “La Provincia” e  di seguito la risposta di Ilaria Giani apparsa stamattina, 8 agosto.

IDAHOBIT 17 MAGGIO 2018

Giovedì 17 maggio ricorre la Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (IDAHOBIT) in cui si celebra l’anniversario da quel 17 maggio 1990 in cui l’OMS eliminò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Celebrare questa ricorrenza è ancora importante: tutt’oggi sono ancora tante le persone e le istituzioni che ci considerano malati o meno degni delle persone eterosessuali. Col termine omobitransfobia si indica il sentimento negativo, l’avversione irrazionale, le parole d’odio e gli atti di aggressione e violenza fisica e psicologica nei confronti delle persone LGBTI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali e Intersessuali).
Quest’anno Arcigay propone una campagna che pone l’accento sulle discriminazioni in famiglia. Ogni anno infatti riceviamo a livello nazionale centinaia di richieste di ragazzi e ragazze che sono maltrattati, disconosciuti e allontanati dalle proprie famiglie per via del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere. Se i genitori sono a volte impreparati di fronte all’orientamento e all’identità dei figli, è anche a causa della scarsa informazione, del dilagare di stereotipi negativi e della mancanza di una cultura volta all’inclusione e alla valorizzazione delle diversità tutte. Diffondere una mentalità inclusiva non significa, come alcuni temono, promuovere l’omosessualità come stile di vita superiore, bensì insegnare a rispettare le persone e abbandonare stereotipi e pregiudizi, ponendo le basi per una società in cui ogni individuo si senta a suo agio indipendentemente dalle proprie peculiarità.
Molti movimenti si oppongono inspiegabilmente a tutto questo. Si parla spesso infatti del fatto che l’informazione nelle scuole turbi i giovani, e che le persone e le coppie LGBTI costituiscano una minaccia nei confronti della famiglia; in realtà sono spesso le famiglie cosiddette tradizionali a non essere all’altezza di accogliere i propri figli per quello che sono e di tutelare e incoraggiare la loro serenità e realizzazione.
A proposito di questo, approfittiamo per informare che Arcigay Cremona, come molti altri circoli d’Italia, offre alle famiglie che si sentono impreparate o ai figli e alle figlie che si sentono rifiutati, uno sportello psicologico a cui rivolgersi per avere una consulenza.
Una famiglia che non accoglie e non supporta i propri figli, non è una famiglia nel senso più profondo del termine.

Ilaria Giani
Arcigay Cremona La Rocca