Salviamo Pegah dalla lapidazione

Arcigay ed ArciLesbica indicono un sit-in a Roma il 27 agosto davanti all’ambasciata britannica per salvare la lesbica iraniana che Londra vuole cacciare: l’espulsione rinviata solo di pochi giorni.

APPELLO

Arcigay e Arcilesbica, congiuntamente al Gruppo EveryOne, lanciano un appello affinché a Pegah Emambakhsh, la lesbica iraniana (40) rifugiatasi a Sheffield (Regno Unito) che rischia la pena di morte nel suo Paese d’origine, venga concesso immediatamente l’asilo politico definitivo.

Al Governo del Regno Unito, che si ostina a negarle questo diritto fondamentale con motivazioni assurde e pretestuose, e ha emanato l’ennesimo decreto d’espulsione per il 28 agosto (volo British Airways numero BA6633 delle 21.35 diretto a Teheran), le due associazioni nazionali lgbt, con l’adesione del Gruppo EveryOne, rispondono con la convocazione di un Sit In di fronte all’Ambasciata Britannica a Roma invia XX settembre 80, prevista per lunedì 27 agosto 2007 dalle ore 18.30.

La vicenda di Pegah Emambakhsh è l’ennesimo caso di violazione dei diritti umani da parte dei nostri governi. Le decine di migliaia cittadini, gli attivisti e i politici che hanno aderito all’appello per la sua vita lanciato in questi giorni dal Gruppo Everyone hanno ottenuto una proroga della deportazione al 28 agosto. Ma non illudiamoci, perché il governo sta solo aspettando che l’opinione pubblica si concentri su altri eventi per costringere Pegah a salire sull’aereo della morte.
Deportazioni come quella riservata a Pegah si sono infatti già verificate, anche in tempi recenti, nel Regno Unito e negli altri paesi.

Aurelio Mancuso – Presidente nazionale Arcigay
Francesca Polo – Presidente nazionale Arcilesbica
Matteo Pegoraro, Roberto Marini per EveryOne


Comunicato stampa

ARCIGAY: PRODI CHIAMI BROWN. SALVINO PEGAH EMAMBLAKHSH

Pegah Emambakhsh è una donna lesbica iraniana che due anni fa è scappata dall’Iran per giungere in Gran Bretagna. Nonostante il suo caso sia evidentemente rapportabile alla violazione sistematica da parte del regime di Teheran dei diritti umani, non ha ottenuto l’asilo politico. Ora il governo britannico ha deciso di estradarla in Iran dove verrà presa in consegna dalla polizia per essere lapidata. Pegah è attualmente detenuta a Yarlswood (Sheffield) e il Pubblico Ministero, che si occupa del suo caso, rientrerà il 24 agosto dalle ferie. Le autorità del Regno Unito hanno deciso di compiere un atto di forza, in spregio ad ogni diritto umano, anticipando la partenza di Pegah verso l’Iran. Il Governo britannico è in procinto di deportarla in Iran il 23 agosto 2007, con il volo diretto per Teheran della British Airline BA6633, che partirà alle 21.55 dall’aeroporto Heathrow. L’unica colpa di questa giovane donna è quella di essere lesbica dichiarata e di provenire da un paese dove governa un orribile regime integralista islamico che ogni giorno calpesta i diritti delle persone. Rivolgo un accorato appello al Governo italiano affinché faccia pressioni su quello del Regno Unito: è urgente intervenire subito, se Pegah salirà su quell’aereo la sua esecuzione avverrà appena giunta in patria.

Aurelio Mancuso – Presidente nazionale Arcigay


La condizione drammatica in cui vivono gay e lesbiche iraniani è da tempo denunciata dalla nostra associazione:

APPELLO DI ARCIGAY: 20 CONDANNE A MORTE IN IRAN:IL GOVERNO SI MOBILITI PER IL DIRITTO ALLA VITA

La situazione dei diritti umani in Iran è diventata sempre più insostenibile a seguito di una articolata campagna repressiva e moralizzatrice che ha visto il regime colpire sia le abitudini di vita sia le possibili voci di opposizione di quel paese.

La notizia di 20 condanne a morte, giunta il 10 luglio grazie alla segnalazione del giornalista persiano Ahmad Rafat ad Adn Kronos international, confermata da più fonti, è solo l’ultimo episodio di una lunga serie di azioni repressive che stanno insanguinando l’Iran.Rispetto a quest’ultima ondata di arresti, così come alle precedenti, a causa del clima ingeneratosi nel paese, è estremamente difficoltoso reperire fonti e notizie che possano aiutare a comprendere appieno la situazione.

Ad oggi ci risulta che nelle scorse settimane 20 persone siano state arrestate a Teheran e siano state subito condannate a morte per reati di carattere sessuale compiuti contro donne e minorenni, maschi e femmine.Probabilmente, ma non vi è certezza, per 5 di loro le accuse riguardano atti omosessuali non consensuali su minori.Non conosciamo i dettagli di questa operazione di polizia, né se le presunte confessioni siano state estorte con la tortura, rimane comunque la terribile realtà di 20 persone che potrebbero essere lapidate o impiccate da un momento all’altro.Al di là della veridicità delle accuse e degli elementi che hanno portato a questa sentenza crediamo che vada riaffermato la salvaguardia di un bene che deve essere sempre e comunque tutelato: la vita umana.

Come associazione nazionale al servizio delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender reputiamo fondamentale batterci con forza per la salvaguardia dei diritti fondamentali di tutti, impegnandoci nel contempo a combattere ogni violenza.Condanniamo con determinazione la violenza sessuale, in particolare quando esercitata su minori.Sosteniamo con altrettante forza il diritto di ciascun imputato ad un processo giusto e il diritto alla vita di tutti.

E’ indubbio, come sostengono diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani, che le istituzioni nazionali e locali iraniane hanno, in questi anni, condannato a morte diverse persone accusandole di reati sessuali contro i minori, senza alcuna prova, né con un giusto processo. Molti di questi condannati erano dissidenti, o giovani omosessuali uccisi in quanto tali.Dopo la pubblicazione della notizia, ripresa dalla rivista Tetu, il governo francese ha ottenuto la conferma di queste venti condanne a morte e si è riservato di sollecitare l’Unione Europea a prendere una posizione in merito.Sappiamo bene che l’Italia, sia per ragioni commerciali sia per il nuovo ruolo di membro della Comitato per diritti umani dell’Onu, assunto il 20 Giugno 2007, sarebbe una voce ascoltata in Iran.

Per queste ragioni e per riaffermare la ferma e fattiva promozione del diritto alla vita, che ha fatto dell’Italia uno dei principali attori della battaglia per la moratoria universale contro la pena di morte, chiediamo che il Governo si mobiliti per impedire un così barbaro oltraggio alla vita umana e alla civiltà. Chiediamo che il Governo, sia con azioni diplomatiche dirette, sia con iniziative coordinate in sede europea, faccia il possibile per scongiurare il tragico epilogo di questa vicenda. Aurelio Mancuso Presidente nazionale Arcigay

Paolo Ferigo Responsabile esteri Arcigay
Luca Trentini Responsabile Diritti umani e lotta alla violenza Arcigay


Articolo di Mario Cervi su Il Giornale

Ci sono brutte figure per tutti, nella vicenda di Pegah Emambakshsh, l’iraniana lesbica che è rifugiata in Gran Bretagna dal 2005 e che il governo di Londra vorrebbe ora rispedire nel suo Paese, non ritenendola degna di asilo politico. In Iran questa sventurata, di null’altro colpevole che d’essere omosessuale, potrebbe addirittura rischiare la lapidazione: e quand’anche in uno slancio misericordioso gli ayatollah di Teheran le risparmiassero la condanna capitale subirebbe sicuramente una punizione dura.

Le autorità britanniche giustificano la loro spietata decisione affermando che l’omosessualità di Pegah – risparmiatemi la fatica di riscrivere per intero quel nome impronunciabile – non è stata dimostrata. Con il che si arriva, per lo zelo della burocrazia d’oltremanica – che vuol dimostrare di essere pienamente all’altezza o alla bassezza delle altre burocrazie europee – ad un paradosso perfino divertente, se non ci fosse di mezzo una vita umana. Londra rimanda in Iran Pegah, perché non crede alla sua omosessualità, ma gli invasati del clero iraniano potrebbero lapidarla o incarcerarla perché di quella omosessualità sono convinti. La sconcertante rigidità formale dei passacarte del Regno Unito si associa qui alla crudeltà d’un regime che invoca ogni momento Dio e ogni momento mette all’opera il boia. Va aggiunto che la ferocia del peggiore islamismo è prevedibile, l’insensibilità d’una democrazia per la quale abbiamo rispetto e ammirazione lo è meno.
Brutta figura anche per molti partiti ed esponenti politici – europei in generale e italiani in particolare – che dosano le loro indignazioni di difensori dei diritti umani non in base all’entità dei misfatti, ma in base all’identità del colpevole. Ci si è mossi, in tutto l’arco ideologico italiano, per la sorte della poveretta che potrebbe essere accolta in Iran da una condanna a morte. Ma gli interventi e le pressioni a livello ministeriale, non sono andati al di là di volonterose dichiarazioni: e comunque tutto è rimasto sottotono, tranne che nel campo dei soliti radicali. Dove sono le belle e imponenti manifestazioni che in altre occasioni sono state inscenate? Si deplora, si auspica. Ma senza smaniare: né per l’iraniana lesbica, né – è roba dell’altro ieri – per le infermiere bulgare imprigionate e condannate in Libia. La verità è che se manca, in sottofondo, l’appiglio Usa, la sinistra non ci mette il cuore. Ce lo metteva se era coinvolto Pinochet, o se era coinvolto Franco, o se erano coinvolti i colonnelli greci, potendosi sempre risalire dalla dittatura periferica al Grande Satana – parola d’ayatollah – ma con Teheran che gusto c’è? Si protesticchia, svogliatamente. Ci si crede d’essere Ahmadinejad, Licio Gelli?
Iran e Libia hanno il vantaggio d’appartenere al terzo mondo, per il quale la sinistra ha avuto predilezione, e in più hanno, agli occhi dei governi europei d’ogni colore, il merito d’avere petrolio. Un dono di Allah. E allora dagli a Calderoli o a Le Pen, loro sì che sono veramente pericolosi per le libertà del mondo.
Alla radice nei casi come quello di Pegah c’è un dilemma importante: ossia la possibilità e l’opportunità d’immettere negli organismi internazionali non solo dittature tra le più esecrande ma anche regimi che sottoscrivono impegni per i diritti umani sapendo, e dichiarando apertamente, che non li rispetteranno. Alcuni Paesi islamici – a cominciare dalla coccolata Arabia Saudita – hanno firmato la Carta dell’Onu: nella quale sono garantiti i diritti fondamentali, tra essi la libertà di religione, l’uguaglianza dei sessi, le libertà di riunione e d’associazione, e così via. Ma firmando questi Paesi islamici hanno aggiunto una postilla: accettano tutto, purché non sia in contrasto con la legge coranica. E allora càpita che la legge coranica imponga di lapidare Pegah. Bisogna rassegnarsi. Invece no. E chi con accenti tonitruanti s’è opposto a Pinochet, trovi un po’ di voce anche per opporsi, ma sul serio, ad Ahmadinejad.

Mario Cervi